Non rimangono testimonianze architettoniche della chiesa sorta a metà del XVIII secolo su un sito poco discosto dall'attuale. Dopo il terremoto del 1783 la riedificazione avviene molto celermente. Le fonti ed in particolare i documenti conservati nell'archivio della Confraternita, costiuitasi il 6 marzo 1685, oltre al rilievo bronzeo apposto alla vara processionale custodita nell'attuale chiesa, forniscono dati relativi alla configurazione ottocentesca del complesso.
La chiesa attuale è preceduta da un ampio piazzale presenta, tanto nel prospetto quanto nel complesso decorativo interno, evidenti reminiscenze tardobarocche coniugate ad elementi decorativi di gusto ancora seicentesco, che si sovrappongo no e si mescolano con i linguaggi figurativi dei secoli success ivi. La facciata è realizzata in pietra di Siracusa, l'impostazione neoclassica è esemplata dall'ordine gigante delle quattro colonne binate, impostate su un alto zoccolo, e con capitelli di ispirazione ionica. A sinistra della facciata si trova la torre campanaria, a pianta quadrata riedificata nel 1917, che sostituisce la precedente a pianta circolare crollata a causa del terremoto del 1908.L'interno della Chiesa è scandito da colonne in stile ionico di gesso dipinto, e si contrappone per la ricchezza decorativa dei suoi stucchi, che ornano la navata ed impreziosiscono l'arco trionfale, alla sobrietà della facciata; gli interventi decorativi sono stati attribuiti da alcuni studiosi a maestranze siciliane assi attive per le chiese della Calabria, i Gianforma, e da altri ai polistenesi Morani. Siciliana è anche la fattura dell'altare in marmi policromi, realizzato dal messinese Antonio Amato nel 1828. La scultura raffigurante la Madonna del Carmine, cui si intitola la Confraternita, è pregevole lavoro di artista napoletano del 1856, mentre la veneratissima icona riproducente l'iconografia della "Vergine Bruna" del Carmine di Napoli, sembra datarsi al XV secolo.
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